“Riprendo da dove ho lasciato per continuare a dipanare il filo… Ho sentito che Alessandro Gassman ha lanciato la proposta ai cittadini di ingaggiarsi tutti in un’opera di pulizia complessiva della città di Roma e ho anche capito che l’idea ha polarizzato l’opinione pubblica. Ecco, a mio avviso, l’iniziativa non sarebbe affatto peregrina se concepita non come un servizio allo Stato, in base al principio ormai reso ridicolo nei fatti, de “Lo Stato siamo noi”, ma proprio per dimostrare come si possa vivere anche senza (e meglio) lo Stato, perché possiamo davvero reimparare tutte/i insieme a gestire, organizzare, valorizzare la “res publica”, cioè quello che a tutti e tutte ci appartiene considerandolo un bene comune da rispettare e coltivare.

Sì, lo credo profondamente, sono ormai talmente patenti i danni materiali e morali che lo Stato sta perpetrato sulla nostra pelle che urge la necessità di un cambio, non riformando ciò che è irriformabile, ma proprio progettando nuove modalità di convivenza e di organizzazione della vita in tutti i suoi aspetti che, ovvio, non possono darsi con uno schiocco di dita, richiedono tempi lunghi ma vale la pena di tentare. Partendo dal nostro piccolo. Ad esempio, penso anche all’ambito scolastico, a questa riforma della Mala Scuola -come giustamente la definiscono i Cobas- che smantellerà la scuola pubblica per come l’abbiamo conosciuta finora, ma non certo per migliorarla, minando in particolare quel poco di spirito collaborativo e collegiale finora esistente e che là dove c’è stato, ha rappresentato un punto di forza a tutto vantaggio di bambinj/e e famiglie. Ecco, si tratterà di dar battaglia contro la competitività cui assisteremo, le chiusure, i colpi di mano del Dirigente..ma soprattutto dimostrando, senza farla facile, che un’altra scuola è possibile, sì, quella che si costruisce dal basso, che parte dalle migliori esperienze che finora si sono susseguite, ne fa tesoro e le amplia, le arricchisce tenendo conto di nuovi bisogni e dei nuovi protagonisti. E soprattutto lo fa nello scambio, nella condivisione, uniche strade di autentica crescita. Solo le relazioni portano benefici, gli individualismi nuocciono gravemente alla salute di chi li vive e di chi li riceve…

Una scuola che sappia sempre di più guardare e far entrare il “mondo” dentro le sue aule… Perché davvero i bimbi e le bimbe sappiano, anzi diventino più consapevoli (loro già lo sanno, siamo noi che abbiamo perso questa capacità di sentire) che siamo parte di un’unica specie che ci rende fratelli e sorelle su questa Terra che è di tutti/e e che se è stata frammentata è perché il potere di pochi finora ha vinto sulle grandi maggioranze, spesso defraudate di tutto.
Il mio pensiero è andato molto in questi giorni, ai fratelli e sorelle kurde che tenacemente tengono testa al mostro Isis, con una resistenza senza pari. Un popolo dimenticato che ora torna a far parlare di sé, dopo decenni di indifferenza internazionale verso i massacri inferti dallo Stato turco, che però, non dimentichiamolo, è “un patner importante negli scambi commerciali ed economici in genere”…quindi, è bene tenerselo buono. E ciò è da una vita che mi manda in bestia, popoli che vengono “immolati sull’altare” degli interessi economici e politici di un ristretto manipolo di faccendieri che hanno però in pugno le grandi maggioranze. I motivi anche solo per indignarsi, non mancano.

E in questa panoramica a sprazzi nella decadenza non si può non far due parole sugli ultimi omicidi di questi giorni, di giovani che ammazzano altri giovani per futili motivi…quando diciamo che l’uccidibilita’ sta segnando fortemente la nostra epoca e non è solo un fatto legato alle guerre, ma sta incancrenendo anche la vita quotidiana di ciascuno di noi, parliamo di una realtà con cui fare i conti, nell’intento di riaffermare la vita nei suoi valori sapendo volgere lo sguardo agli esempi migliori di scelte di Bene da Kobane come a Lampedusa, in riferimento ai volontari che tutti i giorni si impegnano per restituire un briciolo di dignità umana a chi ha attraversato il mare pieno di speranze verso un futuro migliore.

Con Miche e Mekdes stiamo seriamente valutando l’ipotesi di partire per Lampedusa la prossima estate, in un’ottica che vorrebbe trascendere il volontariato in senso stretto, ricercando una fratellanza/sorellanza sentimentale oltre che materiale. Vedremo, intanto è in cantiere.
Chiudo qui questa riflessione che pazientemente vi siete lette oppure a cui avete dato una semplice scorsa; poco importa, vi ringrazio lo stesso per il tempo che mi avete dedicato e spero di rafforzare presto dal vivo i vari aspetti che qui ho toccato.
Avevamo detto la prima settimana di agosto, vediamo un po’ se la facciamo andare in porto…
Vi mando un caro abbraccio, buon proseguimento di estate, Cri”

Fine seconda parte…

Il testo che qui segue è stato elaborato pochi giorni fa con il piacevole fruscio delle onde in sottofondo… Da tempo, mi sentivo di nuovo stuzzicare dalla voglia di riattivare il mio blog, cui sono rimasta legata parecchio affettivamente, perché se anche negli ultimi due anni è rimasto letargico, i continui pungoli così densamente riflessivi del prof Formigoni come anche i contributi costanti di insegnanti d’eccezione come Maria Grazia Fiore, mi hanno sempre fornito sollecitazioni che dire solo “tecnologiche” porterebbe a svilirle per la loro complessità contenutistica.
Ecco che per rispolverare il mio blog, ho deciso di inserirci, intanto, il testo di un file inviato per mail ad alcune amiche, sorelle e compagne del gruppo La Comune di cui faccio convintamente parte da molti anni or sono….

Quindi, diciamo, che il mio intento potrebbe essere d’ora in poi, di fare del blog una sorta di archivio delle tante pagine che scrivo e che comunque viaggiano in rete e che così potrebbero avere un raccoglitore con funzione di memoria storica. Ma allo stesso tempo, farne motivo di condivisione con la “vecchia” comunità Itis13″ con cui ho intessuto, anche se per un lasso breve di tempo, rapporti stimolanti e significativi, tanto, appunto, da essere ricercati.

Aggiungo, inoltre, come appunto che quest’anno, per la mia classe quinta vorrei tentare di aprire un blog di classe, soppesando tutte le condizioni e i pro e contro per la classe, ovviamente sottoponendo la proposta direttamente ai/alle possibili protagonisti/e. E se qualcuno avesse consigli, sono stra ben accetti.

Ma ora, flash back sulla scorsa settimana…

“Sono giorni che sento il bisogno di scrivere, considerando che per me è la modalità preferita per mettere ordine ai pensieri, ma ho dovuto fugare non poche resistenze nel timore di apparire retorica, artificiosa, pedante. Insomma, il contrario di ciò che uno/a auspica di sentirsi replicare. Ho vinto questi timori perché sono riuscita a decentrarmi da me stessa, volgendo lo sguardo ai, anzi, alle, destinatarie di questo scritto, che mi conoscono e che sanno bene quanto conti per me il piacere della condivisione, anche quando non è lineare, ossia fatta solo di accordi, perché il valore delle divergenze, quando espresse con un intento di confronto e crescita comune, merita pieno rispetto. Per cui, mi espongo volentieri pronta ad accogliere ogni disappunto.
Tutto questo cappello deriva dal fatto che sono in vacanza, qui, nella gradevole Follonica, per cui, ci si può chiedere:“Ma perché così tante elucubrazioni? Datti pace, rilassati, stacca la spina…”. Ecco, io da tempo non ci riesco più e non solo, mi urta anche l’espressione stessa dello “staccare la spina” come se il riposo non dovesse contemplare nessuna attività cerebrale minima, sennò, ahimè dell’energia intellettiva può riprendere possesso di noi…
Qui, il relax non manca: spiaggia, sole, mare limpido, cieli tersi, passeggiate rigeneranti, figlia in stato di benessere, in compagnia di una spensierata combriccola di giovani che mettono allegria solo a guardarli/e…
Ma c’è un ma…accennavo in un sms a Lisa di una punta di insoddisfazione che sta pesando sulle mie giornate e che si va acuendo. Mi dico: ho la grande fortuna di esser qui a spassarmela, io insieme a tante altre centinaia di persone che gremiscono la spiaggia, ma ne siamo tutti/e consapevoli o davvero pensiamo che se è così è perché ce lo siamo “meritato” visto le fatiche lavorative di tutto l’anno con stress di ogni tipo a ciò annessi? Ho tanta paura che la logica della “separazione”, che poi è disgregazione, diventi sempre più imperante con il prevalere di individualismi pericolosi, che aprono la strada agli integralismi.
Ci sono state nuove mattanze in mare: la conta dei morti dall’inizio dell’anno è impressionante, per meglio dire, disumana, come disumano è assuefarsi a queste tragedie, rispondere con l’indifferenza quando non con il razzismo bieco di chi, appunto, vuole “fare a pezzi” la comune umanità che ci caratterizza, facendo del “mors tua vita mea” la bandiera di riferimento.
Si è parlato parecchio in questi giorni del degrado della splendida Roma, situazione davvero raccapricciante, specchio di un degrado non solo materiale, di incuria generale rispetto alla tutela del patrimonio storico della città come anche della salute di chi ci abita; è il degrado della politica, quella di mafia capitale che ha ingrassato sporchi traffici sulla pelle dei “reietti dei campi rom”, portando alla luce un marciume senza fine.

Le immagini riportate su Repubblica online parlano chiaro.

C’è un evidente degrado socio – politico – economico che purtroppo però fa il paio con quello delle coscienze individuali e collettive, perché quelli appena detti sarebbero tutti buoni presupposti per una sommossa popolare, se non proprio una “rivoluzione” e, invece, eccoci tutti in vacanza, obbedienti al cliché di staccare la spina, pronti a vomitare i nostri malesseri sotto gli ombrelloni, veri sfogatoi di egoismi, razzismi e maschilismi, perché qualche libertà in più per condire il proprio linguaggio, è bene non farsela mancare.
E qui per ora mi interrompo, scriverò a puntate e poi non so nemmeno se ve lo invierò; già lo scrivere è un primo modo di ricercare una relazione, perché anche quando si scrive solo per se stessi/e, in realtà si compie l’azione di parlare, nell’immaginario, con un altro/a da sé”.

Fine prima parte

Ho deciso di dare questo titolo al mio post perché mi interessava, in particolare, dare risalto alla parola “piacere”, dato che per un po’ non è stato così. Nessuno mi impediva di farlo prima, ma è proprio tutto quell’immane coacervo che caratterizza il mondo della rete, che se da un lato mi affascina – in quanto prodotto dall’essere umano e, traendo ispirazione dalla filosofia di Rosa Luxemburg, anch’io voglio che “Niente di ciò che è umano, mi sia estraneo”, o perlomeno ci provo…-, dall’altro mi è respingente, non solo perché vasto e complicato, ma anche perché tanti dei suoi tentacoli e malie verso le nuove generazioni mi preoccupano.

Ma su questi aspetti, ci siamo a lungo soffermati in ltis13, grazie alle costanti sollecitazioni del prof Andreas che anche ora in loptis, non abbassa la guardia…ed è per questo, che continuo a seguire il suo percorso con la voglia di esserci, perché la spinta che lui ci dà ad un protagonismo critico e costruttivo mi convince. Poi, è chiaro che ognuno questo protagonismo, lo esprime a suo modo, per cui, in Diigo, mi capita di tentare di leggere alcuni post che trovo interessanti solo per il fatto che sono così infarciti (non in senso negativo, ma solo quantitativo) di termini tecnici, tutti in inglese, riferiti a come utilizzare al meglio le nuove tecnologie, e provo davvero ammirazione per chi, diciamo, è a questi livelli, ma per me ora continuano a parlare una lingua sconosciuta, ed ammetto che non ho la pretesa di impararla a breve termine.

Ecco che allora, mi ha dato forza, leggere oggi il post di Maestro Ale del 12/10,
che nella sua semplicità, ha detto alcune cose nelle quali mi ritrovo. Sì, perché il suo, come il mio, è il protagonismo – se non ho capito male, anche dal sottotitolo del suo blog …- di chi è da poco che armeggia con questi strumenti e cerca, per quello che è possibile, di “umanizzarli”, come abbiamo sperimentato proprio in ltis13, perché non solo ha permesso a quelli “tabula rasa” come me, di acquisire i rudimenti, ma all’interno di una cornice relazionale davvero ricca, proprio anche per le differenze tra i partecipanti.

Insomma, mi voglio ripetere che: abbiamo costruito una cosa, mi riferisco a Diigo, che è un importante veicolo di scambio e nel quale ognuno può tranquillamente trovare la sua collocazione e le sue modalità di comunicazione con gli altri. La semplicità di maestra Ale mi ha indotto a riflettere sul fatto che da parte mia, negli ultimi tempi – certo, anche molto vorticosi per l’inizio scuola – c’era “un non detto”: vale a dire, sentirsi un po’ frustrata perché incapace di attingere e poter comunicare con molti post densi di citazioni tecnologiche. Problema mio, vero, ma ci sta che non sia la sola.

Per cui, invito tutte/i a vincere questi imbarazzi ed eventuali complessi di inferiorità, che per gente come noi che fa valutazione (attenta ai processi e non ai prodotti), dovrebbero essere scongiurati…ma non è così, perché tutte/i siamo figlie/i di un sistema che, purtroppo, ci classifica e, lo combatti quanto vuoi, ma le sue scorie spesso risorgono… Quindi, la scelta di esserci, ognuno a suo modo, con i suoi tempi e i suoi contenuti, è espressione di libertà, non individualistica, ma di tante libertà che si cercano e si danno le une alle altre. Non è detto che tra tutte nasca sintonia, ma non è questo l’obiettivo.

Mi accomiato con una bella poesia, da inguaribili sognatori, “Sulla luna”, di Gianni Rodari, di cui qui dalle mie parti, stiamo organizzando un Convegno per ricordare la sua originale personalità e la sua variegata opera…Non mancherà occasione di riparlarne.

Era da un bel po’ che non mi riaffacciavo da queste parti e non tanto per motivi vacanzieri…sì, certo il meritato riposo c’è stato, abbiamo trascorso come famiglia 8 splendidi giorni a Parigi, che come vedete evidenzio, perché si è trattata di un’esperienza intensa e significativa…

Quindi, senza farmi prendere la mano, anzi dalle nostalgie dei ricordi della Ville Lumière, ritorno a quanto dicevo all’inizio. ossia che il mio stacco di questo periodo ha risposto ad una volontà precisa, alla scelta di avvalermi delle tecnologie solo per l’indispensabile, vale a dire lettura e uso della mail e per il resto “festa”.

Ho sentito il bisogno di incrementare le mie letture di romanzi e saggi (mai abbandonate, ma di sicuro più ridotte nel periodo lavorativo) e soprattutto di scrivere, e poi scrivere tanto su quaderni e taccuini, altro piacere di cui mai mi privo ma che ultimamente languiva dato che la tastiera era stata imperante.

In quello che sto esprimendo, non c’è nessun intento di contrapposizione tra le due modalità -chiamiamole così- di approccio e interazione con il mondo, c’è solo il voler esternare il mio pensiero, l’esperienza di chi non guarda più con diffidenza – anche grazie al cMOOC e all’importante e febbrile villaggio Diigo – alla rete con tutti gli annessi e connessi, ma che nel dibattito di chi ritiene che “carta ed inchiostri” siano da rottamare, sostiene che è ancora prematuro, che siamo in una fase, a mio avviso, dove è necessario trovare un equilibrio, perché ci sono ancora tanti adulti – come me – che non sono del tutto pronti – e ciò sarebbe deleterio proprio sul versante educativo -, ma anche perché non dappertutto – vedi nella mia realtà regionale – le nuove tecnologie sono così diffuse per cui il fatto che ancora una fetta delle nuove generazioni cresca con i sensi primari sollecitati dall’odor di carta da sfogliare e inchiostro che dà forma ai propri pensieri su di un sonoro foglio bianco, non mi sembra debba scandalizzare.

Può sembrare tardo romanticismo, me ne rendo conto…ma sto veramente riflettendo sul fatto che nel nostro Paese – e questo da sempre – si viaggia a più velocità, per cui l’aspetto di procedere con la giusta gradualità non è campato per aria, rispecchia le necessità di un tessuto sociale così frammentato: ad es., negli ultimi due mesi, la produzione in Diigo è stata vertiginosa, con una valanga di articoli di grande qualità, di cui molti letti da me con interesse, ma non tutti mi erano decifrabili perché mi mancano ancora le conoscenze e competenze per la decodifica di certe sigle e messaggi. E so di essere in buona compagnia, ma va anche detto che io appartengo a quella schiera di insegnanti, poi nemmeno tanto numerosa, che la volontà e l’impegno per capire ed affrontare il nuovo ce li mettono tutti. Sarà un luogo comune, però il detto “La gatta frettolosa fece i gattini ciechi” si attaglia bene anche in questo caso e la cecità tra gli insegnanti è molto pericolosa, soprattutto per coloro su cui si abbatte…

Salto ad alcune letture che mi hanno appassionato questa estate… cito in particolare, per svagarsi, divertendosi e nel contempo imparando, “Metronomo” di Lorànt Deutsch che racconta simpaticamente la storia di Parigi attraverso ciò che si nasconde dietro i nomi di molte fermate famose del metrò…è una vera chicca perché ricostruisce la storia della meravigliosa capitale europea, quella storia che non è più visibile oggi e che l’autore ha ricomposto grazie alla sua meticolosità e soprattutto alla passione che lo anima nella ricerca…

E poi, selezionando, non posso non citare “I sette saperi necessari all’educazione del futuro” di Edgar Morin, molto illuminante e utile, come tutti gli scritti di Morin, a chi non smette di interrogarsi per cercare di fare al meglio il suo “mestiere”. Non posso non riportare alcuni stralci…

Il primo, ripreso dal paragrafo “L’identità e la coscienza terrestre”
…dobbiamo imparare ad “esserci sul pianeta. Imparare ad esserci significa: imparare a vivere, a condividere, a comunicare, a essere in comunione; è ciò che si impara soltanto nelle e con le culture singolari. Abbiamo ormai bisogno di imparare a essere, a vivere, a condividere, a comunicare, a essere in comunione anche in quanto umani del pianeta Terra. Non dobbiamo più essere solo di una cultura, ma anche essere terrestri. Dobbiamo impegnarci a non dominare, ma a prenderci cura, migliorare, comprendere. Dobbiamo inscrivere in noi:
la coscienza antropologica, che riconosce la nostra unità nella diversità;
la coscienza ecologica, ossia la coscienza di abitare con tutti gli esseri mortali, una stessa sfera vivente (biosfera). Il conoscere il nostro legame consustanziale con la biosfera ci porta ad abbandonare il sogno prometeico del dominio dell’universo per alimentare, al contrario, l’aspirazione alla convivialità sulla Terra;
la coscienza dialogica, che nasce dall’esercizio complesso del pensiero e che ci permette nel contempo di criticarci fra di noi, di autocriticarci e di comprenderci gli uni gli altri.

E, infine, dal paragrafo finale “L’umanità come destino planetario”
…..l’Umanità è ormai soprattutto una nozione etica: è ciò che deve essere realizzato da tutti e in tutti e in ciascuno.
Dal momento che la specie umana continua la sua avventura sotto la minaccia dell’autodistruzione, l’imperativo è divenuto: salvare l’Umanità realizzandola.
……….
……….
Una politica dell’uomo, una politica di civiltà, una riforma del pensiero, l’antropoetica, il vero umanesimo e la coscienza di Terra-Patria, potranno solo congiuntamente ridurre l’ignominia del mondo.
……….
Noi non abbiamo le chiavi che aprono le porte di un avvenire migliore. Non conosciamo strade già tracciate. “El camino se hace al andar” (Antonio Machado). Ma possiamo individuare le nostre finalità: perseguire l’ominizzazione nell’umanizzazione in virtù dell’accesso alla cittadinanza terrestre in una comunità planetaria”.

Insomma, il da fare non ci manca….

In questa torrida domenica di fine luglio, avendo scelto, per varie ragioni, di rimanermene a casa evitando calca sulle spiagge e file chilometriche sulle strade, ho colto l’importante sollecitazione del prof per ciò che riguarda il controverso tema della Valutazione.

Già in passato mi era capitato di affrontarlo e di confrontarmi con diversi insegnanti, anche loro sempre dibattuti nel momento in cui, non per scelta ma per coercizione, dobbiamo quantificare numericamente l’apprendimento dei nostri/e studenti/esse. E siccome per molti di noi la valutazione è un processo più ampio e complesso, che comprende sia la nostra Autovalutazione come quella dei nostri/allievi/e, estesa a tutto il processo, quindi il percorso con cui si è snodato l’insegnare e l’imparare, non circoscrivibile al considerare solo la mera prestazione finale, sono davvero tanti i pruriti che ci assalgono quando si tratta di assolvere al dovere richiestoci per legge (che perlomeno alla Scuola Primaria incombe solo per la pagella, dato che ancora si può esercitare la libertà di avvalersi del giudizio su quaderni e registri, se il DS non è un convinto leguleio …e noi godiamo di questa fortuna).

Questa è stata uno dei tanti Decreti Legge calati dall’alto, senza discussione alcuna con la base, termine che si sta quasi facendo obsoleto tenendo conto di come si stanno muovendo da tempo i nostri governanti. La “base”, purtroppo, è stata capace di grandi slanci, di momenti di mobilitazione preziosa che, anche se non del tutto dispersi, sono molto rifluiti evidenziando ancor più le contraddizioni che ci sono sempre state al nostro interno, una categoria, quella docente, che troppo spesso si è vissuta nella separatezza tra ordini di scuola, come se ognuna fosse un “orticello a sé”. E la questione “voto” ha fatto riemergere queste discrepanze, per cui se noi della Primaria siamo state le/i prime/i a dare battaglia, le/i colleghe/i della Secondaria di 1° e 2° grado, in larga maggioranza, accoglievano con benevolenza il ritorno al voto quasi come una “forma di riscatto sociale” della categoria, che a parere di molti poteva riacquisire così la sua autorità (ovvio, non autorevolezza).

E’ stato con enorme piacere scoprire che i tanti compagni/e di viaggio nel cMOOC manifestavano le mie stesse posizioni, o quanto meno inquietudini, come lo stesso prof – e in ambito universitario, la faccenda si fa ancora più complicata – ci ha esplicitato per condividere con lui una fase non lineare, che richiede ponderazione…Ancora una volta, il fatto che ci abbia esternato le sue riflessioni accorciando, come in tante altre occasioni, le distanze tra noi studenti/esse e lui come docente, è ulteriore riprova di una sua precisa scelta di metodo: l'”umanizzazione” di tutto ciò che si fa, che sa dosare umiltà e consapevolezza di capacità allo stesso tempo, in una ricerca continua che fa dell’insegnare-imparare una spirale virtuosa mai paga.

Sempre per arricchire il già nutrito bagaglio sulla Valutazione, volevo aggiungere altro materiale del Progetto Senza Zaino, stilato dal fondatore Marco Orsi, che mette in luce tutto il valore che ha l’attività in sé, da considerarsi non solo un mezzo ma anche un fine. Gli articoli e le slide danno molti spunti. A voi una “calda lettura”….

Tante sono le riflessioni che in questi giorni di caldo crescente, mi stanno ronzando per la testa, molto stimolate dalle miserie che continuano a incancrenire la scena politica italiana, ma soprattutto dalle vorticose vicende internazionali: dall’infuocata Piazza Tahir, dove è in atto una durissima mobilitazione che non accenna ad affievolirsi, per la tenacia dei protagonisti, fino alla Bulgaria, dove da pochi giorni sappiamo che sono in corso agguerrite manifestazioni di piazza, scoppiate da più di un mese, contro la corruzione dell’attuale governo….senza dimenticare il rinfocolare di tensioni solo sopite nelle banlieu parigine, dove la pochezza dei mass-media vuol contrabbandarci che gli scontri sorti sono solo una questione di chador che copre il volto femminile

E’ da tempo che sono amareggiata di fronte alla perenne distorsione/mistificazione delle notizie e mi sta pesando più che mai, anche perché sempre di più è evidente come il mondo entri a casa nostra ed il tentativo di chi ancora pensa di poterlo lasciar fuori ed ignorarlo, non solo è fallimentare ma relega in un individualismo cieco ed abietto. Scegliere di immergersi nell’incedere tumultuoso della vicenda umana su questo pianeta porta con sé luci ed ombre, è foriero di insicurezze, senso di impotenza ma anche, sapendo leggere la realtà, non con le lenti deformate dell’informazione sistemica – che, ovviamente, punta al mantenimento dello statu quo – di speranze, di germi di possibilità che possa affermarsi qualcosa di nuovo, di migliore. Su questo penso tra l’altro, che le nuove tecnologie possano giocare un ruolo, non determinante, perché determinante è il protagonismo delle persone e perciò le loro scelte, ma di certo significativo, anche solo nella progettazione di percorsi di lotta – le Primavere arabe hanno viaggiato molto sul web prima di tradursi in piazze straripanti – che poi hanno bisogno di soggetti in carne ed ossa per trasformarli in azioni conseguenti e mirate.

Piazza Tahir

In questo senso, si inserisce anche la scarcerazione di una “madre coraggio cinese”, cui qualche anno fa era stata rapita la figlia per introdurla nel mercato della prostituzione; questa donna si è battuta strenuamente per il ritrovamento della figlia e ha denunciato con forza i suoi carnefici, guarda caso dei “pezzi grossi” che godevano della protezione governativa. Poiché la donna ha perseverato nella sua opera di denuncia, è stata messa in prigione…e qui, entra in gioco l’enorme tam tam che si è dato via internet, inaspettato da parte del governo che, così, considerato il montare di una piccola rivoluzione, ha visto bene di accondiscendere alla richiesta di liberazione di quella che ormai era diventata un’eroina (ho letto la notizia su “Repubblica” di più di una settimana fa)

Come dicevo prima, questa è un’epoca di chiaro-scuri, verso la quale noi che facciamo educazione/formazione è importante saper mantener dritta la barra; mi è capitato di recente di aver fatto delle letture del sociologo tedesco Z. Bauman che, soprattutto in “Conversazioni sull’educazione” sottolinea la centralità del valore della speranza, affidando a noi educatori il compito di coltivarla ma non con l’ottimismo insulso e sterile del “pensare positivo tout court” (certo, meglio che pensare negativo, ma non è questo il nocciolo), ma con la consapevolezza che i nostri messaggi ed i nostri atteggiamenti possono creare partecipazione attiva nei nostri/e studenti/sse o rassegnazione e qualunquismo.

In questo, credo molto e mi porta ad affermare che possono cambiare anche i mezzi: tecnologie al posto degli strumenti finora adoperati, ma la sostanza non è quella: l’innovazione se non è accompagnata da una metodologia motivante e suscitante protagonismo è un dejà vu, oltretutto molto più costoso.

Che strana impressione…per meglio dire, emozione, visto che era già da un po’ che non mi addentravo e passeggiavo nel mio blog…La diserzione, diciamo così, è avvenuta per
scelta consapevole, dettata da un lato dal peso di una certa stanchezza post lavoro assai gravoso sui Questionari di soddisfazione di Istituto – tra scrutinio e trasposizione dati in grafici, il fardello non è stato da poco – e da un lato la volontà di assumere la postura di chi fa da spettatrice comunque attiva, non supina, di tutto quel caleidoscopico mondo digitale di cui è entrata a far parte…

Ogni tanto, serve anche questo, o perlomeno, questo è stato fruttuoso per me, che finora non avevo prestato un’adeguata attenzione ai/alle miei/mie compagni/e di viaggio in questo percorso, giudicato all’unanimità così appagante, tanto da suffragarne il proseguo. Come ho detto, questo apparente silenzio è stato in realtà per me un tumultuare di pensieri talvolta anche fragoroso per le numerose riflessioni e i tanti stimoli suscitati, sempre per la positiva perché mi ha consentito di approfondire la conoscenza dei molteplici abitanti del villaggio, ricercando una prossimità più vera, più profonda per quanto sviluppata virtualmente.

Più volte ho dato risalto al valore che ha per me la dimensione umana, quella che mi sollecita quotidianamente a provare a relazionarmi scevra da ogni prevenzione o luogo comune, perché veramente credo che le possibilità di cambiamento, per le quali combatto, siano insite in noi esseri umani, ovvio, non così come siamo; qui, entra in gioco la scelta di autosuperarci e autotrasformarci rispetto alle tante brutture che ci caratterizzano per far prevalere le facoltà benefiche di cui la nostra specie continua a dare prova, ma in modo episodico.

Non è mia intenzione filosofeggiare, anzi, perché tutto questo, per me, si cala nella realtà e prova ad essere approccio umanista in ogni circostanza, per cui non poteva essere diversamente anche nel cMOOC, dove la la formazione è stata fatta non solo dal prof, ma da tutto quel pullulare di anime che strenuamente hanno animato, con il loro post, ogni lezione…. Le parole del prof, nell’articolo di ieri sera, sono sacrosante, quando sottolineava il valore, nell’apprendimento a qualsiasi età, dell’interazione tra i protagonisti dell’azione educativa, da far trascrescere in cooperazione attraverso l’esperienza: le vuote formulette alimentano il nozionismo, servono a sciorinare erudizione astratta che frana quando si scontra con i problemi della realtà. Il solipsismo in educazione è perdente, sia che a metterlo in atto sia il docente che il discente; vero è che l’impronta del primo è determinante l’atteggiamento del secondo, per cui da insegnanti autocentrati non ci si potranno aspettare capacità collaborative da parte degli/le studenti/tesse e, solitamente, insegnanti di quella fatta son molto affezionati alle loro inossidabili formulette da ripresentarsi fedelmente, senza cambiare una virgola. La creatività, il pensiero divergente, l’immaginazione sono mal tollerate e perciò frustrate.

Da quello che ho potuto carpire dalla mia esplorazione conoscitiva nel villaggio, molte colleghe lamentano proprio di essere circondate da persone con le quali la condivisione di finalità educative imperniate sul soggetto che apprende e non solo sui contenuti, o peggio, sui programmi, è faticosa e, spesso, disarmante perché si parlano lingue diverse: quella del come si insegna e come si impara cozza inesorabilmente con quella di chi fa dell’apprendimento una mera questione di quantità. Ritorna in ballo la questione della relazionalità tra i diversi attori e attrici sulla scena dell’insegnare/imparare, e ad essa si collega inevitabilmente la visione che si ha della valutazione, se si reputa che la misurazione, il numero, la media matematica come diceva Marina P.( in “Anatomia di un esame”) , sia in grado di condensare il complesso percorso intrapreso da ogni ragazzo/a, oppure se tutto questo, anche se ci tocca perché è legge, è visto come riduttivo, parziale, mortificante e perciò da smitizzare. E la riflessione sviscerata (rimanendo in tema di “anatomia”…) da Marina è a questo proposito, più che esaustiva ed efficace. Tra l’altro, il suo proposito di attivare percorsi di autovalutazione negoziata con gli/le studenti/tesse mi trova molto d’accordo come metodologia per suscitarne una partecipazione consapevole non rivolta solo alla prestazione finale, bensì a tutte le tappe della propria crescita in senso globale. In alcuni articoli di qualche tempo fa, mi ero soffermata sulla valenza costruttiva delle Rubriche di Autovalutazione, su cui intendo ritornare anche perché ne farò oggetto di studio più accurato prossimamente.

Non sto divagando rispetto al mio obiettivo iniziale, cioè di sottolineare il senso di pienezza e soddisfazione conseguente all’azione di aver scelto di ampliare la conoscenza della tribù “cMOOC”, quello che dicevo ne è parte…ma volevo anche riportare la mia ammirazione e stima nei confronti di quei/le colleghi/e che si sono ingegnati nella conversazione in inglese per la presentazione delle peculiarità del nostro Mooc italiano….se da un lato, in questo caso, si è trattato di un guardare compiaciuto per il lavoro altrui, ma senza poter frugare per attingere e beneficiare… per l’inespugnabile “roccaforte” della lingua inglese, causa ignoranza a 360°, però ugualmente la mia è stata una forte partecipazione emotiva, che ha avvallato ancora di più quello che sostengo sulla nostra categoria: sì, ci sono i lagnosi, i rassegnati, gli sfiduciati, i demotivati…., ma quanto è importante non confondere la parte per il tutto: perché ci sono anche gli appassionati,gli impegnati, i coraggiosi, i volenterosi, i cocciuti, gli irriducibili…, insomma quelli che cercano di dare il meglio della loro umanità, quella stessa che cercano di far venire fuori al meglio in quei giovani che la sorte ha loro affidato…

Salutati i bimbi e le bimbe venerdì, è cominciata la fase delle scartoffie, non che prima se ne fosse esenti, ma la quantità era più limitata…ora, si è data l’esondazione. Oltre agli adempimenti canonici che ci accomunano tutti, nel mio Istituto – ma so che è buon pratica perseguita anche altrove – al termine di ogni anno, viene condotta un’indagine ad ampio raggio per l’Autovalutazione di Istituto, mediante questionari di soddisfazione distribuiti a genitori, insegnanti e personale Ata. Per ciò che concerne le famiglie, si è sempre optato per una fascia campione, diciamo così, anche perché altrimenti il lavoro diventerebbe mastodontico, per cui abbiamo individuato come significativi gli anni ponte, ossia la 3°sezione delle scuole dell’Infanzia, le prime e seconde della scuola primaria e le prime classi della secondaria di 1°grado…

Se di solito, era nostra consuetudine dare avvio a questo percorso a partire da marzo, quest’anno l’Istituto paga positivamente le conseguenze dell’aver convintamente aderito alle mobilitazioni di protesta che da dicembre fino a aprile circa, hanno interessato molte scuole sempre più penalizzate sul fronte economico (pensiamo al taglio massiccio che si è fatto del FIS, già esiguo da anni, perlomeno per ciò che riguarda gli I.C.), ma anche bistrattate se si pensa alla famigerata proposta di aumento di orario di lavoro per le/gli insegnanti…

Tralascio gli esiti della contestazione, sono sotto gli occhi di tutti, ma siamo convinte che valeva la pena sostenerla, soprattutto perché da noi, ma non solo, ha visto il coinvolgimento dei genitori, resi edotti e consapevoli della drammaticità della situazione, per poter ottenere la loro solidarietà e non diffidenza, come spesso succede alla nostra categoria, quella “dei 3 mesi di vacanza…” (quando mai??!). Questa premessa per dire che ci siamo imbarcate nell’Autovalutazione di Istituto dopo il 10 maggio ed ecco che ora io, in quanto Figura Strumentale, annaspo tra centinaia di fogli, ovviamente ben catalogati, pena la perdita del lume della ragione…e soprattutto numeri che poi rimandano a giudizi di persone che condividono con noi la comunità scolastica che proviamo a costruire quotidianamente.

Non mi metto a snocciolare dati – crocette, numeri e percentuali mi stanno perseguitando anche la notte.. -, ma torno invece sul valore dell’Autovalutazione, di cui abbiamo anche noi molto dissertato nelle nostre conversazioni in diigo, anche perché poi ognuno di noi nel bilancio del (per)corso che ha tratteggiato, ha condotto una propria Autovalutazione degli inaspettati frutti che ha raccolto in così breve tempo (per quello che ho potuto capire, ci son stati raccolti copiosi, altri un po’ meno abbondanti, come nel mio caso, ma comunque significativi non per quantità ma per qualità). Quello che mi ha molto colpito, soprattutto nella fase finale del cMOOC, è stata proprio l’Autovalutazione condivisa su cui ciascuno/a di noi si è impegnato/a mettendosi ancora di più allo scoperto, nell’intento di farsi conoscere ulteriormente per proseguire in un intreccio di relazioni comunque umane – anche se sviluppate “tecnologicamente” e non “sensorialmente” – che ormai sono entrate nella nostra vita e che, tra l’altro, non vorremmo limitare ad una parentesi passeggera.

Ecco perché, anche se oberata di fogli, non c’è stato giorno che non sia andata a sbirciare in diigo, talvolta leggendo più superficialmente, altre più avidamente sapendo che questa azione sarebbe stata salutare, anche se come ho detto più volte, le relazioni importanti e appaganti a livello professionale non mi mancano. Ma come ho già sottolineato, è la ricchezza di questo nostro densamente popolato villaggio, con così tanti abitanti ognuno con delle sue peculiarità e con tante belle cose da raccontare che mi catalizza… Ovviamente come sarà capitato a tutti, con qualche abitante si sente un feeling maggiore…penso al piacere con cui leggo sempre i post di Sabina Minuto, Francesca Pal., di Antonella Rubino, di Ivemara55, di Coccinella59, di Maestro Ale, di Francesco V., oltre che di amici che conosco personalmente e stimo come Daniele Guerrieri e Luisella Mori (volutamente ho riportato i nomi – non tutti svelati – e non i link per porre l’accento sulla persone); e, ovviamente, se questo circolo virtuoso si è innescato, è per la sapiente guida in primo luogo umana, oltre che tecnica, del prof Formigoni, affiancato da un vulcano come Claude Almansi che ho sempre letto con interesse anche quando-spesso- parla per me una lingua ancora inaccessibile. Ma mi attrezzerò per la codifica, anche se non di tutto – lezione per le vacanze.

Insomma, tutto questo per ribadire che la nostra categoria di insegnanti non finirà mai di stupirci, spesso anche in senso negativo, è vero, ma quando si attivano invece situazioni dove emerge il meglio di noi, non solo in termini di sapere, ma di stoffa umana, per la passione, la tenacia, la costante spinta ad autosuperarsi per essere sempre meglio sintonizzaticon i nostri/e ragazzi/e, non si può che rincuorarsi, anzi direi entusiasmarsi, che non è per compiacersi ma è meritato riconoscimento.
Quindi, tanto per esprimersi con il linguaggio dell’autovalutazione, questi i nostri innegabili punti di forza; l’unica criticità collettiva è che non possiamo, almeno per ora, concederci il piacere di un sorriso ed un abbraccio non lasciato solo all’immaginazione…

Riporto in questo post (anche il titolo non è mio), il testo di una mail che ho ricevuto stasera dal gruppo Incontro Scuole che riunisce vari Comitati insegnanti/genitori dell’Emilia Romagna, da anni molto attivi nella difesa della scuola pubblica. Anche in questo caso, emerge tutta la passione e la determinazione di chi crede che ancora esista, nonostante tutte le condizioni avverse, la possibilità di fare una scuola di qualità che ha la sua prova concreta in certi lavori dei/le ragazzi/, in cui come in questo caso, si coglie la guida sapiente dell’adulto non solo per le competenze messe in atto, ma soprattutto nell’incentivare partecipazione attiva.

Lascio la parola a Francesco Mele, l’insegnante che la scritto la mail in questione. Come non dargli ragione nella parte conclusiva…
“Questo il video girato come attività curricolare integrativa da due seconde della mia scuola, la 2O e la 2H …

Portale Ted | Ted TV | IIS Meucci – Carpi.

come vedrete parla del terremoto dello scorso anno …
Nel vederlo mi sono molto emozionato, anche perché sapevo che è tutto fatto da loro, dal progetto, alla sceneggiatura, alle riprese, al montaggio, alla scelta delle musiche, al testo della canzone rap …
mi emoziono ancora mentre scrivo …
BRAVE RAGAZZE!!! BRAVI RAGAZZI!!!

Un grande grazie alla prof. Alessandra Gasparini che è l’ispiratrice di questa cosa immensa e alla prof Manuela Barbaro e al prof Alessandro Pivetti che hanno collaborato con lei e il cui contributo è stato “prezioso” e indispensabile …
Questa è la scuola che mi piace … e, scusate la polemica, quale test INVALSI riuscirebbe a misurare il grado di “competenza” raggiunto da queste ragazze e questi ragazzi????”

Stamattina, nel mentre girovagavo nel cyberspazio alla ricerca di letture interessanti, mi sono imbattuta in un bell’articolo del sito Education 2.0 a proposito delle scuole Senza Zaino, che in maniera chiara ed efficace ricostruisce le caratteristiche fondanti del Progetto SZ, cogliendone i principali e qualificanti aspetti di rilievo.

Tra questi, uno su tutti, su cui già altre volte sono tornata: l’importanza del “come” che deve primeggiare sul “cosa”. E su questo terreno, abbiamo avuto un ricco scambio tra noi in diigo che ha evidenziato una forte condivisione sulla centralità della relazione insegnante/alunno, che proprio perché non fossilizzata sulle prestazioni, sui diktat dei programmi, ma tesa a valorizzare i processi, necessariamente ci porta alla saggia, ma non per battuta, ma perché fondata nella realtà, conclusione che “bisogna imparare a togliere, anziché aggiungere”, come bene ha detto farinasullescarpe nel suo toccante bilancio di fine anno. Insomma, togliere in quantità, che significa, quindi, aggiungere in qualità: di cosa?

In primo luogo, dei rapporti: dall’adulto parte una cura e premura verso il rispetto, la disponibilità, l’ascolto, l’attenzione a tutte le diversità, l’intento nel sollecitare/suscitare costantemente motivazione ad apprendere, nel favorire processi di pensiero divergente, creativo contro le stereotipie ed omologazioni, nel promuovere atteggiamenti di collaborazione/cooperazione perché il clima della classe sia accogliente, stimolante, fertile perché non competitivo. Si fa strada il principio che si impara per il piacere di imparare, di scoprire, conoscere e conoscersi in una comunità che si prova su questo e cerca di viverlo perché molto più appagante dell’essere un gruppo di rivali”, come spesso sembrano le classi. Attivare, costruire ed intessere relazioni di questo tipo, richiede tempo ma anche l’aver saputo stringere alleanze con le famiglie che necessariamente devono condividere questa “vision/mission” della scuola e “fare la loro parte a casa” con coerenza, il tutto in un contesto sociale che, si sa, va in direzioni spesso diverse, quando non opposte, dato che individualismo e anche nichilismo verso le possibilità di “un mondo migliore”, vanno per la maggiore.

Sull’onda di queste riflessioni, che poi sono la determinazione quotidiana a voler realizzare una scuola in controtendenza come i tanti di cui ho letto appassionati articoli in diigo, ho trovato che calzasse a pennello un altro articolo scoperto per caso, sempre in Education 2.0, proprio nella pagina dove era quello del SZ. Si tratta di un articolo filosofico, diciamo così, che torna bene sul ruolo decisivo delle emozioni, degli affetti, dei sentimenti nella crescita come nella vita di ogni individuo, anzi evidenziano proprio quanto questi aspetti siano talmente connaturati all’essere umano, da diventare poderosa spinta a non arrendersi, a sperare, a lottare perché il meglio di sé possa continuare ad esprimersi anche di fronte a difficoltà invalidanti. Da lì, il riferimento a Beethoven, alla sua tenacia contro la sordità devastante in vecchiaia. Ma nell’articolo c’è anche molto di più; il passaggio sull’immaginazione, mi sembra centrale come quando,sempre al riguardo, si dice che èil tassello fuori posto che spinge alla ricerca…Per chiudere, quindi, il cerchio: cerchiamo di essere la la scuola dei tasselli fuori posto….